Credo di essermi approcciata per la prima volta allo studio della psicologia ben prima dell’università, quando una mia docente mi propose di sviluppare una tesina sulla “follia”, forse lei stessa cogliendo il mio interesse, la mia curiosità e la mia predisposizione per questa disciplina.
Terminata la scuola però, non mi lasciai subito trasportare nel mondo universitario e dello studio, ma entrai nel mondo del lavoro, maturando esperienze molto variegate e differenziate che nulla ebbero a che vedere con la psicologia. Furono però queste esperienze a farmi rendere conto di voler portare avanti la mia passione per la psicologia.
E’ stato infatti il mio ingresso all’Università il momento in cui mi sono sentita “a casa”, cioè il momento in cui ho avuto la conferma di essere nel posto giusto. La predilezione verso alcune discipline mi ha indirizzato sempre di più verso una specializzazione a stampo clinico, con un interesse particolare verso la cura e la psicoterapia. E così nel 2014 mi sono laureata in “Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia” con lode sviluppando una tesi focalizzata sui meccanismi della relazione terapeutica.
A questo punto, la strada verso il diventare, non soltanto psicologa, ma anche psicoterapeuta, sarà per me sempre più definita.
Questo anche grazie a quella che ritengo una delle esperienze più importanti della mia vita e che hanno avuto più impatto sulla mia formazione, sul mio lavoro e sulla mia persona, cioè l’analisi personale.
Non volevo essere infatti “come il dentista che però non si cura i denti” o “come il cuoco senza appetito” o “come il medico che non si vuole curare”.
Volevo fare un lavoro di analisi su me stessa, volevo toccare dal vivo la psicoterapia, la figura dello psicologo-psicoterapeuta, volevo scandagliare le zone più buie, scoprire nuove risorse, per potermi rivolgere in futuro a questo lavoro con maggiore professionalità e sicurezza. E così potremmo dire che in maniera silenziosa, ma incisiva questa persona, il mio analista, mi ha accompagnato per la gran parte del mio iter formativo-lavorativo e mi ha reso una persona più consapevole e più solida. Naturalmente questo percorso non è stato affatto semplice, né tantomeno esente da dolori, ma comunque essenziale.
Per chi non lo sapesse, per poter arrivare a diventare psicoterapeuti il percorso è lungo e spesso in salita, ma fortunatamente anche ricco di soddisfazioni che sono soprattutto legate alle relazioni e alle persone che incontri.
Si tratta, infatti, di un percorso che ti arricchisce non solo dal mero punto di vista “culturale”, ma anche da un punto di vista personale e relazionale.
Impari a conoscere molte realtà, piccole e grandi, realtà di vita, mondi interni, pazienti, colleghi, apprendi che ogni persona è una meravigliosa scoperta e ti senti grato di aver la fortuna di poter conoscere e condividere la sua specifica realtà. Ogni persona è un insegnamento.
Impari anche che non subito puoi raggiungere ciò che desideri, ma che spesso devi passare attraverso esperienze che ti consentono di capire quello in cui riesci oppure no. Per questo motivo, al termine del mio percorso universitario e prima di ottenere l’abitazione, ho avuto modo di confrontarmi con alcune realtà molto differenti. Dapprima il mondo degli adulti, della maternità e della gravidanza in un consultorio milanese e successivamente con il mondo del bambino, dell’adolescente e della genitorialità in un centro sestese.
Nonostante le mie idee sul voler diventare psicoterapeuta fossero ormai piuttosto chiare, non era pensabile iniziare subito una scuola di psicoterapia senza prima aver maturato esperienze che mi avessero consentito di sperimentare ciò che più mi piaceva e ciò in cui mi sentivo più capace.
Posso sostenere di aver avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso anche persone molto preparate che hanno avuto un grande impatto sulla mia formazione e sulla mia persona, in particolare una neuropsichiatra infantile, molto empatica e intuitiva che ha sempre creduto in me e che mi ha introdotto, in maniera molto più diretta al lavoro clinico con i bambini, gli adolescenti e i genitori, ma anche con i migranti.
Per molti anni quindi collaborerò con il reparto di neuropsichiatria a Sesto San Giovanni (U.O.N.P.I.A.) e, contemporaneamente a questo percorso, inizierò a lavorare come educatrice nelle scuole e nelle famiglie, sentendomi sempre più a mio agio nel lavoro con gli adolescenti e con i genitori.
A questo punto della mia formazione, mi è stato chiaro che la scuola più adatta per me era proprio Area G, scuola rivolta principalmente alla formazione sugli adolescenti, sui giovani adulti, ma anche sugli adulti. Scuola a stampo psicoanalitico mirata a cogliere lo specifico funzionamento della persona, a tener conto della sua fase evolutiva, ma aspetto più importante a trovare le sue risorse, a non aver avere un approccio rigido e teoricamente orientato, ma un approccio flessibile che possa essere “cucito” sulla persona, al pari di un abito sartoriale. Una scuola a cui piace tenere un’apertura anche verso altri approcci e che ritiene che un clinico adeguatamente formato debba avere in mente non solo la teoria. Una scuola che nella sua essenza rispecchia anche la mia.
E così, di pari passo con le esperienze maturate, ho iniziato anche questo percorso quadriennale, conclusosi nel 2020 con lode.
Nel frattempo ho continuato a lavorare come educatrice nelle scuole e attualmente lavoro anche in libera professione a Sesto San San Giovanni. Non si tratta però di un arrivo questo per me, ma di un nuovo inizio.